La protesta della pesca italiana

La protesta della pesca italiana

Basciano: "Tutti sono chiamati a protestare per difendere la sopravvivenza del settore messa in discussione dalle scelte della Commissione europea"

Sabato 12 giugno le marinerie di tutta Italia sono chiamate a protestare unite contro le restrizioni Ue. La riduzione dello sforzo di pesca prevista dalla Commissione Europea per la pesca a strascico nel Mar Mediterraneo occidentale e per quella demersale e dei piccoli pelagici nel Mar Adriatico, sta creando incertezze tra gli operatori di un settore già fortemente provato dalla pandemia. Si manifesta da nord a sud per criticare una politica comunitaria che risponde alle esigenze della grande industria della pesca d’altura a discapito di quella costiera.

Facciamo il punto della situazione con Giovanni Basciano, vicepresidente di AGCI Agrital e vicepresidente del FLAG Trapanese.

Partendo dalla considerazione che lo sciopero è un diritto e non un obbligo, va però evidenziato che in questo momento il settore della pesca ha bisogno di tutti. Nel dettaglio quali sono le motivazioni della protesta e chi è chiamato a manifestare sabato?
A mio avviso tutti sono chiamati a protestare per difendere la sopravvivenza del settore messa in discussione dalle scelte della Commissione europea. È evidente che l’invito è rivolto a tutti gli armatori, alle cooperative ed ai singoli pescatori, in modo particolare agli aderenti alle tre centrali dell’Alleanza; ritengo però che la gravità del momento imponga di essere tutti insieme per rintuzzare i propositi di Bruxelles nel rispetto delle singole appartenenze.
Inoltre va ricordato che la pesca attiva filiere ampie ed articolate, dalla commercializzazione del pescato, alla trasformazione, ai trasporti, alla cantieristica. Da un rallentamento della produzione, dopo la decimazione della flotta degli scorsi anni, intere comunità verrebbero irrimediabilmente colpite, città dedite alla pesca andrebbero in crisi, con la conseguente chiusura di aziende e disoccupazione. A tutto ciò va aggiunto il conseguente calo dell’appeal turistico delle nostre località di mare se l’offerta gastronomica dovesse sempre più essere soddisfatta non con pesce mediterraneo pescato dalle nostre imprese ma da decongelato proveniente dall’oceano indiano.

Da quanto afferma a repentaglio ci sono migliaia di posti di lavoro. Le aziende ittiche sono a rischio di chiusura. Danni ingenti si registrano lungo tutta la filiera, dalla cattura alla commercializzazione fino ad arrivare ai settori economici collegati, come la ristorazione e il turismo. Le condizioni attuali non lasciano intravedere niente di redditizio. Quali alternative avete individuato per fermare questa emorragia?
Il lungo periodo pandemico ha arrecato fortissimi danni a tutta quella parte della nostra filiera che ha come target l’HoReCa, infatti la chiusura della ristorazione e il fermo del turismo ha provocato un calo drastico della richiesta e, alla luce di quanto successo, ci aspettavamo che la Commissione avesse prorogato alcuni provvedimenti, mitigato alcune posizioni, invece niente. È indifendibile la posizione della Commissione che addebita tutti i problemi delle risorse ittiche mediterranee ai pescatori, senza tenere in nessun conto i cambiamenti climatici, i traffici navali, l’impatto delle attività umane. È sotto gli occhi di tutti quanto sia grave la situazione ambientale e climatica, ma la Commissione non riesce a pensare ad altro che a far scomparire la pesca.

In questo scenario è difficile individuare delle alternative, dobbiamo innanzitutto difenderci, chiedere il maggior supporto possibile all’intero comparto produttivo, al mondo politico locale, regionale, nazionale e comunitario, per limitare al massimo i danni.

Basciano … oltre al complesso scenario che ci ha illustrato non dimentichiamo che il settore è anche alle prese con la futura approvazione del nuovo regolamento UE sul controllo della pesca che, tra le altre misure, mira a introdurre telecamere a bordo delle navi. Un provvedimento che sembra criminalizzare un settore in modo del tutto ingiustificato.

Infatti, i fronti aperti dalla Commissione sono tanti e tutti incredibilmente aggressivi nei confronti delle nostre imprese, si vuole che peschino meno, in spazi sempre più ristretti e confinati, li si vuole addirittura controllare in diretta con l’introduzione dell’obbligo delle telecamere per monitorare le loro attività come se fossero dei delinquenti in liberta provvisoria. È veramente assurdo che l’Europa che la mia generazione aveva sognato stia finendo cosi, con Commissari e funzionari molto più attenti ad esigenze di altri comparti e a posizioni estremiste di alcuni settori ambientalisti, sacrificando le economie locali, le storie e le conoscenze dei nostri operatori ed il futuro delle tante comunità costiere che dipendono dalla pesca.

Pertanto è importante sabato esserci tutti, coinvolgendo tutti, anche se questo è soltanto l’inizio di una battaglia che durerà a lungo, ma proprio per questo bisogna essere forti e dare messaggi chiari che arrivino alle orecchie di Bruxelles.

Fonte: Pesceinrete.com

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